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Mi piace osservare le persone, i loro comportamenti, gli schemi che applicano, le parti di loro che emergono… In tutto questo non c’è solo un interesse personale alla comprensione profonda dell’altro, ma anche la ricerca di modi sempre più funzionali per guidare chi si rivolge a me verso di “Sé”.

In questa ricerca, l’ascolto attivo è fondamentale: conoscere le esperienze del mio interlocutore, la sua cultura, le circostanze, fornisce un elemento preso così spesso in poca considerazione, e talvolta indispensabile per poter creare una vera connessione: il contesto.

Sull’onda di queste osservazioni, che si accostano così bene al periodo che stiamo vivendo, è nato in me desiderio di condividere le riflessioni che ti propongo in questo articolo. Prova a seguirmi…

Spiritualità, sesso e sostanze psicoattive

Il Contesto

Nascere in una certa famiglia, in un preciso periodo storico, in una determinata nazione, costituisce un retaggio personale, famigliare e sociale fatto di precisi condizionamenti, che a loro volta ti hanno condotto a tutte quelle esperienze che fanno parte della tua vita.

Le tue azioni, le tue scelte, il modo in cui percepisci e reagisci agli eventi… Tutto è modellato e condizionato, a un qualche livello, dal tuo passato, dalla tua cultura, dalle tue credenze, dalle tue abitudini.

Nel tempo, ho imparato che conoscere il “contesto” di vita di una persona, presente e passato, è quanto mai fondamentale per poter comprendere davvero quell’individuo, per cogliere le motivazioni delle sue scelte e delle sue azioni, per far sì che la mia personale percezione di quella persona sia più vicina a ciò che è davvero.

Così come per le relazioni interpersonali, il contesto è un elemento determinante anche nell’osservazione del mondo che ci circonda.

La diffusione dell’informazione a livello globale consente a chiunque di accedere alla conoscenza, intesa come “insiemi di dati” estrapolati dall’ambiente di origine che diventano singoli oggetti, semplici e accessibili, ma isolati tra loro. Nell’attuale periodo storico, la decentralizzazione del sapere non è accompagnata dalla consapevolezza collettiva e soggettiva necessaria a una comprensione reale e profonda delle informazioni.

La perdita del contesto porta a un utilizzo improprio delle informazioni, cui consegue un senso di confusione generale e la diffusione di un approccio sempre più superficiale alla vita.

Certamente in ciascuno di noi è presente la spinta, più o meno preponderante, ad andare oltre il contesto sociale di origine per cercare all’esterno nuove risposte, nuovi stimoli, ciò che potrebbe farci fare il “salto quantico” nel percorso evolutivo. In questo -tengo a precisarlo- non c’è nulla di scorretto: siamo tutti alla ricerca di noi stessi, e questo percorso è spesso un viaggio per esclusione che, talvolta, sembra non finire mai.

Ma quando la spinta diventa un bisogno spasmodico, quando la ricerca di risposte nasconde in realtà una fuga da se stessi, quando ci troviamo a cercare scorciatoie e miracoli con la finalità di colmare un vuoto interiore, allora tutto cambia.

Perché?

Semplicemente perché quel disagio profondo, sebbene a volte possa sembrare impercettibile, tende a inibire la capacità di discernimento e conduce proprio a quell’approccio superficiale che ho descritto nei paragrafi precedenti.

Fino a qui, ti ho mostrato una panoramica generale. Adesso desidero proporti alcuni esempi specifici. Perciò ti invito a proseguire nella lettura, facendo lo sforzo necessario per mantenere quel discernimento funzionale alla tua crescita personale, libero da giudizi e pre-giudizi…

Sostanze psicoattive: il caso dell’Ayahuasca

Conosciuta anche come la “Liana dello Spirito”, l’Ayahuasca è una pianta dal marcato effetto enteogeno che viene impiegata come principale ingrediente dell’omonima preparazione, utilizzata nel corso dei secoli dai popoli amazzonici e andini e, più recentemente, nella tradizione del Santo Daime.

Sebbene in alcuni paesi, come in Italia, l’impiego dell’Ayahuasca sia proibito, negli ultimi anni si è largamente diffusa come pratica finalizzata all’ottenimento di visioni spirituali e al raggiungimento di una realizzazione ancestrale. Cerimonie di Ayahuasca vengono periodicamente proposte in tutto il territorio, spesso nella forma di ritiri sciamanici della durata di uno o due giorni, preceduti da una specifica dieta che può variare da tre giorni a una settimana. Non sono necessari requisiti particolari: generalmente tutti possono provare questa esperienza, senza bisogno di possedere conoscenze o esperienze pregresse.

L’Ayahuasca è un potente psichedelico: comporta vivide allucinazioni, quasi sempre accompagnate da emesi (bisogno incontrollabile di vomitare), che possono prolungarsi anche fino a sette ore. Spesso sopraggiunge uno “sblocco” di memorie trattenute nel subconscio, personali o transgenerazionali. Dal punto di vista energetico e spirituale, può avvenire la connessione con dimensioni vibrazionali differenti, come quella delle anime disincarnate (i morti che non sono passati oltre), ma anche con realtà demoniache, molto esplorate nelle tradizioni sciamaniche in cui questa pratica è nata.

Devi sapere, tuttavia, che la miscela dell’Ayahuasca è stata creata secoli fa con uno scopo molto preciso, ben lungi dall’attuale proposta commerciale da spiritualità new-age.

La Cerimonia dell’Ayahuasca era tradizionalmente destinata agli sciamani, anche detti curanderi, che si occupavano della guida spirituale delle loro tribù. L’assunzione della bevanda psicotropa era parte di rituali più complessi, cui precedeva una lunga preparazione fisica ed emotiva, indispensabile affinché lo sciamano fosse in grado di viaggiare in modo consapevole nelle realtà sottili e potesse gestire efficacemente gli effetti collaterali.

Stiamo parlando di tradizioni Quechua, discendenti dagli antichi Incas, popolazioni nelle quali gli sciamani erano il fulcro dell’organizzazione sociale. La Cerimonia dell’Ayahuasca era un rituale sacro, finalizzato al raggiungimento di uno stato mentale che, gestito in modo consapevole, forniva gli elementi necessari alla sopravvivenza e alla guida di intere comunità.

Non si tratta dunque di una pratica aperta a tutti: gli sciamani erano individui selezionati, istruiti per anni sull’impiego delle erbe, sulle dimensioni sottili e sul viaggio onirico e astrale. Il rituale non era solo accompagnato dai canti: ogni elemento aveva una precisa funzione, un ruolo sacro, che compartecipava al raggiungimento del risultato finale.

Alla luce di quanto descritto, adesso puoi comprendere quanto l’attuale proposta sia lontana dal contesto culturale di questa tradizione.

Dalla scelta del luogo (per ovvie ragioni, in Italia vengono spesso selezionati edifici abbandonati) alla scarsa preparazione, nulla di ciò che puoi trovare commercialmente oggi nell’Ayahuasca rispecchia la sua funzione spirituale. Viene invece proposta un’esperienza asettica, priva dell’adeguato accompagnamento emotivo e cognitivo “pre” e “post” allucinazioni, che talvolta si trasforma in incubi a occhi aperti dai quali alcune persone non riescono più a riprendersi. Le immagini ricevute, anche quelle più gradevoli, richiedono un’accurata opera di decodifica cui non viene dedicato tempo, e che talvolta gli operatori non sono nemmeno in grado di compiere. Alcune persone possono effettivamente trovare delle risorse in questo genere di esperienza; ma il beneficio reale è ben lontano da quello potenziale, se non si possiedono gli strumenti necessari per integrare quelle risorse.

Spiritualità del corpo: sesso promiscuo e Tantra

La perdita di contesto, come nel caso dell’Ayahuasca, è un fenomeno che possiamo ritrovare in moltissime altre pratiche, spirituali e non, che si sono trasformate in prodotti commerciali totalmente privi della loro funzione originale, e che proprio per questo possono diventare dannosi.

È il caso dello Yoga, disciplina meditativa di consapevolezza e risveglio trasformatasi in “fitness da social network”, in cui respirazione ed energia hanno totalmente perso la loro centralità per cedere il posto a belle movenze, accostate ad altisonanti parole sanscrite pronunciate senza conoscerne il significato. Lo stesso si potrebbe dire del Tai Chi Chuan e delle arti marziali.

Ed è anche il caso del Tantra, disciplina che si è molto diffusa negli ultimi anni per le sue connotazioni “libertine”.

Ora mi spiego…

“Tantra” è il termine sanscrito utilizzato per indicare alcuni testi, insegnamenti spirituali e tradizioni esoteriche originatesi all’interno delle culture religiose indiane. Etimologicamente, la parola è composta da due particelle:

  • TAN, che vuol dire “ordito”, con riferimento all’inizio della creazione di un tessuto o di una trama, e pertanto “essenza”, “principio”;
  • TRA, che rappresenta contemporaneamente sia il verbo “liberare” sia il sostantivo “strumento”.

Si può quindi interpretare come “principio che ha lo scopo di liberare”. Non a caso, il Tantra è una disciplina complessa e strutturata che si pone lo scopo di liberare l’individuo dal ciclo della reincarnazione attraverso l’illuminazione spirituale, proponendosi come un vero e proprio percorso di vita incentrato sulla meditazione.

Tra i diversi passaggi insiti in questa filosofia, vi è la canalizzazione completa e consapevole di quella che viene chiamata Kundalini, l’energia vitale che tiene l’anima ancorata al corpo fisico.

Anche sulla Kundalini c’è un po’ di confusione. Viene spesso descritta come una riserva di energia dormiente, in attesa di essere risvegliata. Si tratta in realtà del fulcro energetico della tua incarnazione materiale. Puoi immaginarla come un perno che mantiene la connessione tra i corpi sottili e il corpo fisico. Si trova infatti alla base della tua colonna vertebrale, in corrispondenza del coccige (anche detto “osso sacro”), quell’insieme di vertebre calcificate che, guarda caso, ha la forma di un triangolo rovesciato incastrato nel bacino. In effetti, non c’è alcuna separazione tra l’aspetto fisico e quello energetico della realtà: la Kundalini è la manifestazione sottile della tua colonna vertebrale, canale fisico ed energetico che fa di te un ponte tra il Divino (il Cielo) e il Materiale (la Terra).

Praticare il Tantra e comprendere questi aspetti così complessi della realtà spirituale significa immergersi completamente in un cammino di vita che persegue, come unica grande finalità, quella di purificare la propria coscienza, riscoprendo l’armonia e l’equilibrio più profondi, ovvero tra maschile e femminile energetico. Gli aspetti sessuali sono qui intesi come energie interiori, archetipi insiti non solo nella personalità umana bensì in ogni elemento della natura. Rivestito della giusta sacralità, il corpo fisico viene gestito come strumento nel quale e attraverso il quale interagire con le duplici energie cosmiche; è la manifestazione fisica dell’anima, e in quanto tale richiede estrema cura.

Questo sarebbe Tantra. Tuttavia…

Osho, insieme alla sua allieva Margot Anand, ha dato vita a un nuovo movimento, il neo-tantra, che si è sovrapposto alle tradizioni originali soppiantandone i principi spirituali con nuove pratiche tratte dalla psicologia corporea e dalla sessuologia esperienziale.

Citando: «[il tantra] è la tecnica, il metodo, il sentiero, perciò non è filosofico. Non si occupa di problemi e di indagini intellettuali. Non si occupa del “perché” delle cose: si occupa del “come”, non di che cosa sia la verità ma di come possa essere raggiunta.» (Osho, Il libro dei segreti, traduzione di Tea Pecunia Bassani e Swami Anand Videha, Bompiani, 2008, p. 15)

Eccoci arrivati agli esercizi per “liberare la sessualità repressa”, ai “massaggi tantrici per riscoprire l’erotismo di coppia” e a tutte quelle comunità che somigliano più a congregazioni orgiastiche che a realtà di crescita spirituale. Più in generale, stiamo parlando di quell’insieme di ideologie filosofiche che nutrono i cambiamenti sociali che sono sbocciati nella promiscuità e nella confusione di genere, di cui il neo-tantra è solo una componente.

Nuovamente, ci troviamo a scoprire pratiche che, sconnesse dal loro contesto di origine, perdono tutto il loro potere trasformativo. L’idea sempre più diffusa che sia benefico condividere il proprio corpo con leggerezza e superficialità è solo un esempio di quanto fuorviante possa diventare una disciplina spirituale trasformata in un prodotto new-age. Per non parlare degli esercizi sulla Kundalini, il cui impiego inappropriato può addurre a esperienze scioccanti e reazioni fisiche sgradevoli.

Conclusioni

Strutturarti quanto basta per esercitare il discernimento è, in realtà, davvero facile.

La stessa diffusione di informazioni che genera tanta confusione, ti offre contemporaneamente la possibilità di approfondire e scoprire ciò che si nasconde oltre la superficie dell’apparenza. Tutto ciò che hai letto in questo articolo, infatti, puoi trovarlo online, prendendoti il tempo di fare qualche ricerca.

Non si tratta di studio, di preparazione, di competenza.

Si tratta di prendersi quel tempo necessario per comprendere ciò che hai di fronte, anziché accontentarti di un primo sguardo.

Come ho scritto nei primi paragrafi, non si tratta solo di questioni filosofiche: riguarda la tua relazione con gli altri, con te e con il mondo esterno.

Desidero concludere questo articolo ricordandoti che il corpo fisico è un Tempio Sacro: come tale, ti invito a trattarlo con cura, a donargli buon cibo e attività fisica, scegliendo con attenzione con chi e come condividerlo, amandolo e rispettandolo come merita. Come meriti!

Per quanto riguarda il resto, la tua strada puoi trovarla unicamente entrando dentro di te, immergendoti in quelle zone d’ombra che hanno spaventato e ancora spaventano la tua parte bambina, che si è sentita abbandonata, rifiutata, non Amata. È un viaggio in cui puoi farti guidare, sicuramente, da chi ha esperienza, ma che devi fare in coscienza e consapevolezza.

E se desideri un piccolo approfondimento, leggi questo articolo: “Conoscere = Comprendere ?”
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